Il Collegio di Garanzia, in tema di sanzioni disciplinari, avendo le stesse natura afflittiva in quanto comportanti eventuali conseguenze che vanno ad incidere, ad esempio, sul percorso professionale del tesserato, ha affermato il principio della applicabilità in sede sportiva del principio del favor rei.
Vi è infatti da considerare che lo stesso, cristallizzato nel codice penale (in particolare al secondo comma all’art. 2: “nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali…”), è stato nel passato ritenuto applicabile (Cass. civ., sez. un., 29/07/2016, n. 15819) anche al di fuori del mero ambito penalistico in un caso relativo all’irrogazione di sanzioni deontologiche nei confronti di un avvocato, così dettando una linea di pensiero tesa al superamento del mero formalismo in favore della giustizia sostanziale.
A ciò ha aggiunto il Collegio che la giurisprudenza di legittimità della Suprema Corte ha, altresì, stabilito che “in tema di successioni di leggi nel tempo, la Corte di Cassazione può, anche d’ufficio, ritenere applicabile il nuovo e più favorevole trattamento sanzionatorio per l’imputato, anche in presenza di un ricorso inammissibile, disponendo, ai sensi dell’art. 609 c.p.p., l’annullamento sul punto della sentenza impugnata pronunciata prima delle modifiche normative in melius” (Cass. pen. 46653/2015).
Nella fattispecie il Collegio ha constatato che il C.G.S.-FIGC (di cui al C.U. n. 139/A del 17 giugno 2019) all’art. 35 ha ricondotto lo “sputo” nell’alveo delle “condotte violente nei confronti degli ufficiali di gara” punibile con la diversa sanzione minima di cinque giornate rispetto al precedente art. 11 bis del C.G.S.-FIGC.
[Leggi la decisione integrale] [Negli stessi termini: Collegio di Garanzia, Sez. I, decisione 15/2017]