Le Sezioni Unite hanno fatto il punto sulla portata del giudizio in sede di impugnazione avverso la decisione del giudice del rinvio che ha chiuso la fase rescissoria e sulla vincolatività del principio di diritto enunciato dal Collegio di Garanzia in fase rescindente.
Ricorda preliminarmente il Collegio quanto già affermato dalle Sezioni Unite [leggi qui le decisioni nn. 17/2019 e 83/2019] in ordine alla vincolatività del principio di diritto enunciato dal Collegio di Garanzia, che – così come quello enunciato dalla Suprema Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c. – costituisce la regola iuris per la decisione della fattispecie specificamente dedotta in giudizio, cui il giudice di rinvio deve attenersi; quest’ultimo, infatti, potrà decidere la causa secondo il suo convincimento in relazione ai fatti, i quali, però, andranno necessariamente valutati alla luce della regola stabilita dal Collegio di Garanzia.
In particolare, “il giudice di rinvio, nel rinnovare il giudizio, è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, in sede di esame della coerenza del discorso giustificativo, evitando di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento annullato, ritenuti illogici, e con necessità, a seconda dei casi, di eliminare le contraddizioni e sopperire ai difetti argomentativi riscontrati” (ex multis, Cass. Civ., Sez. III, ord. 4 ottobre 2018, n. 24200).
Pertanto, in caso di annullamento con rinvio per violazione di norme di diritto, così come per il difetto di motivazione o di istruttoria, il Collegio di Garanzia ha già avuto modo di puntualizzare che “il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla regola giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione adottata, attenendosi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione” [leggi qui Collegio di Garanzia, Sez. I, n. 76/2018].
Norma che governa tali ipotesi è, come noto, l’art. 12 bis, comma 3, dello Statuto del CONI: “Quando il Collegio di Garanzia dello Sport riforma la decisione impugnata decide, in tutto o in parte, la controversia, oppure la rinvia all’organo di giustizia federale competente che, in diversa composizione, dovrà pronunciarsi definitivamente entro sessanta giorni applicando il principio di diritto dichiarato dalla Corte. In tal caso non è ammesso nuovo ricorso salvo che per la violazione del principio di diritto”.
In pratica, pertanto, si tratterà di verificare se il Giudice di appello abbia correttamente rinnovato la sua valutazione tenendo conto degli aspetti sottolineati dal Collegio di Garanzia nel suo provvedimento, rispettando il principio ivi espresso [sul punto, leggi qui Collegio di Garanzia, Sez. II, decisione n. 41/2019].
V’è da aggiungere che, in ogni caso, l’applicazione di questo principio non erode il confine dei poteri assegnati al Collegio di Garanzia, rimanendo comunque estranea al giudizio innanzi a quest’ultimo ogni sollecitazione estranea all’art. 12 bis, comma 2, dello Statuto del CONI e all’art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva, e quindi “fuori” dalle violazioni di norme di diritto ovvero da statuizioni della decisione impugnata che siano assolutamente carenti di motivazione.
In altri termini, il controllo del Collegio, ai sensi dell’articolo 54, primo comma, CGS CONI, rimane dunque circoscritto, col filtro dei motivi di ricorso, alla verifica dell’attività del giudice del rinvio sia con riguardo alle norme di diritto evocate, sia con riguardo all’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, con la particolarità di comprendere tra i parametri di commisurazione i principi di diritto somministrati in caso di rinvio ai sensi dell’articolo 62, comma 2, CGS-CONI (cfr. Collegio di Garanzia, Sez. IV, decisione n. 69/2019).