Fattispecie: applicazione delle sanzioni della sospensione per due anni dall’attività agonistica, carica o incarico federale e dell’ammenda di € 10.000,00 da parte dei c.d. Giudici Sportivi (di cui al Titolo II del Codice della Giustizia Sportiva) e, in particolare, all’esito di un procedimento svoltosi innanzi al Giudice Sportivo Nazionale e alla Corte Federale d’Appello, in funzione di Corte Sportiva d’Appello.
Il Collegio, ha rilevato che comportamenti considerati dall’art. 14 del Codice della Giustizia Sportiva sono quelli tenuti da atleti e tesserati nel corso delle competizioni (o in strettissima connessione con le stesse), che risultino in contrasto con le regole tecnico – sportive proprie di esse. La violazione delle relative disposizioni può comportare l’irrogazione da parte del Giudice Sportivo, normalmente in tempi strettissimi, di sanzioni di carattere tecnico sportivo.
Ben altra cosa sono gli illeciti disciplinari e gli illeciti sportivi, previsti dalle norme federali, che descrivono e tipizzano quei comportamenti che importano l’applicazione di sanzioni di carattere disciplinare. Nel caso degli illeciti disciplinari e degli illeciti sportivi devono trovare applicazione le norme relative ai procedimenti disciplinari innanzi al Tribunale Federale, che contemplano l’intervento della Procura Federale, che è chiamata a effettuare le indagini necessarie, e prevedono un procedimento improntato al rispetto del principio del contraddittorio, mediante un complesso di garanzie tese ad assicurare all’incolpato la piena conoscenza dei fatti per i quali è esercitata l’azione e dei documenti alla base dell’atto di incolpazione formulato dalla Procura Federale.
Il procedimento ad iniziativa della Procura, inoltre, deve svolgersi nell’ambito di rigorosi limiti temporali, la cui mancata osservanza conduce all’estinzione del giudizio. Il procedimento innanzi al Giudice Sportivo ha carattere officioso, il contraddittorio ha portata limitata, almeno in primo grado, essendo previsto, tra l’altro, che il procedimento si svolga senza udienza e, proprio per la stretta connessione con i fatti di gara rilevanti sul piano tecnico – sportivo, deve necessariamente svolgersi in tempi ristrettissimi. L’art. 14 del Codice della Giustizia Sportiva afferma espressamente che i Giudici Sportivi pronunciano con immediatezza su tutte le questioni connesse allo svolgimento delle gare.
Nel caso sottoposto al Collegio di Garanzia si era celebrato avuto un procedimento (davanti al Giudice Sportivo e poi davanti alla Corte Federale in funzione di Corte Sportiva d’Appello) relativo a un illecito di indubbio carattere disciplinare che ha condotto all’applicazione di sanzioni assai gravi, che è durato per diversi mesi, in cui non hanno potuto operare pienamente le norme poste a garanzia dell’incolpato, in cui la Procura Federale ha avuto una possibilità di intervento assai limitato e che è stato instaurato d’ufficio per fatti che trascendono, per la loro natura e per la loro gravità, lo svolgimento della singola competizione e gli aspetti meramente tecnico – sportivi.
A giudizio del Collegio è prova dell’anomalia del procedimento seguito la conclusione cui erano giunti i Giudici Sportivi, che hanno ritenuto che il procedimento non fosse sottoposto ad alcun termine. Ciò in contrasto con uno dei principi cardine della Giustizia Sportiva in materia sanzionatoria.
Vale sottolineare altresì un piccolo inciso contenuto nella Decisione in commento: “È opportuno, tuttavia, sottolineare un ulteriore evidente vizio della decisione impugnata in questa sede. La Corte Federale, infatti, con la decisione impugnata ha modificato, in sede di reclamo, la qualificazione giuridica dell’illecito, a seguito del mutamento sostanziale del quadro normativo di riferimento, ed è giunta, in tal modo, ad una inammissibile reformatio in pejus della sanzione, sulla base del reclamo proposto dal solo tesserato e non dalla Procura. Ciò in aperta violazione di uno dei principi cardini del diritto sanzionatorio, che esclude l’applicazione di una sanzione più severa di quella applicata in precedente grado del giudizio, se non a seguito di impugnazione dell’organo dell’accusa“.
Si noti che sul divieto di reformatio in pejus il Collegio di Garanzia, Sezione II, Decisione 23 dicembre 2015, n. 70 ha affermato, diversamente, che «Il divieto di reformatio in peius della sentenza di primo grado appellata dal solo condannato costituisce principio penalistico avente carattere eccezionale; non risulta tra i principi ispiratori della Giustizia Sportiva dettati dal Coni, né trova espresso ingresso nel Codice della giustizia sportiva».