La Corte Federale d’Appello della Federazione Italiana Tennis è stata chiamata a decidere sull’esclusione di un candidato alle elezioni del Comitato Regionale Marche FIT.
Il motivo dell’esclusione del ricorrente, già Consigliere Regionale della FIT dal 1981 al 2000, era dipeso dall’applicazione delle seguenti norme:
- l’art. 54, comma 2 dello Statuto Federale, che dispone che i componenti del consiglio federale e dei consigli regionali e provinciali della FIT non possano ricoprire la carica per più di tre mandati. (“ Salvo quanto espressamente previsto con riferimento alla Commissione Federale di Garanzia, agli Organi di Giustizia ed all’Ufficio del Procuratore Federale, le cariche federali assunte per elezione e quelle di nomina hanno durata massima di quattro anni e cessano, comunque, allo scadere del quadriennio olimpico, anche nei casi di nuove elezioni infraquadriennali indette per ricostituire, totalmente o parzialmente, gli organi di cui fanno parte. 2. Il presidente federale, i presidenti regionali e provinciali, i componenti del consiglio federale e dei consigli regionali e provinciali della F.I.T. non possono svolgere più di tre mandati.”);
- l’art. 62-bis dello Statuto Federale – norma di diritto transitorio – che dispone che i componenti del consiglio federale e dei consigli regionali e provinciali della F.I.T. “in carica alla data di entrata in vigore della l. 11 gennaio 2018, n. 8, che abbiano già raggiunto il limite di tre mandati di cui all’art. 54, comma 2 del presente Statuto, possono svolgere, se eletti, un ulteriore mandato.”.
In altri termini, il Comitato Regionale Marche aveva ritenuto incandidabile il ricorrente poiché questi aveva già ricoperto un incarico per più di tre mandati e nessuno di tali mandati ricadeva nel quadriennio 2016-2020, circostanza, quest’ultima, che gli avrebbe consentito di ricoprire un ulteriore incarico in virtù della citata norma transitoria di cui all’art. 62 bis dello Statuto.
Queste le principali istanze del ricorrente in sede di giustizia endofederale:
- disapplicazione dell’art. 54 dello Statuto Federale in quanto confliggente con gli artt. 11 e 12 della CEDU;
- illegittimità costituzionale dei presupposti sottostanti all’art. 54 Statuto Federale e, quindi, della norma stessa;
- annullamento del provvedimento impugnato sul presupposto che le norme di cui all’art. 16 comma 2 del D.lgs 242/1999, come modificato dai commi 1 e 2 della L. 8/2018, se costituzionalmente interpretate non possano impedire agli interessati di candidarsi a cariche elettive qualora gli stessi abbiano rivestito i medesimi incarichi in epoca antecedente all’entrata in vigore della normativa statale e al conseguente adeguamento della normativa federale a dette regole.
Tali motivi sono stati integralmente rigettati dalla Corte che, conformandosi alla propria decisione n. 7/2020, ha rilevato quanto segue.
- L’impossibilità per gli organi di giustizia sportiva di disapplicare la normativa regolamentare sportiva in favore delle norme di diritto europeo
La Corte osserva – richiamando l’art. 2 CGS del CONI (per cui “Tutti i procedimenti di giustizia regolati dal Codice assicurano l’effettiva osservanza delle norme dell’ordinamento sportivo e la piena tutela dei diritti e degli interessi dei tesserati, degli affiliati e degli altri soggetti dal medesimo) e, pertanto, limiti di cognizione degli organi di giustizia federale -, che il giudice sportivo non può disapplicare la normativa statutaria in favore della normativa europea nemmeno in caso di conflitto fra le stesse; ciò nonostante l’insegnamento della Corte di Giustizia Europea secondo cui in caso di conflitto fra norme europee e nazionali il Giudice deve disapplicare le seconde in favore delle prime.
Il motivo di tale impossibilità, secondo la Corte, risiede nella natura del rapporto fra la FIT e il CONI, fra quest’ultimo e tutte le altre Federazioni nonché nella natura giuridica del CONI stesso.
Infatti, la FIT, al pari delle altre Federazioni (pur sempre associazioni di diritto privato) partecipano liberamente al CONI e, di conseguenza, ne accettano tutte le regole. Un’eventuale disapplicazione di una norma statutaria, quale l’art. 54 Statuto Federale, da parte della Corte Federale d’Appello, significherebbe, pertanto, incidere direttamente sull’ordinamento del CONI.
In altre parole, l’art. 54, comma 2, Statuto Federale, ha stabilito la Corte, è una norma che è diretta espressione dell’ordinamento generale del CONI e, prima ancora, dell’ordinamento statutario e, pertanto, l’eventuale disapplicazione è sottratta alla cognizione della Corte adita (diversamente, se la norma fosse autonoma espressione della FIT, l’eventuale disapplicazione avrebbe potuto essere oggetto di valutazione nel procedimento).
Questo il principio di diritto espresso dalla Corte: “In conclusione, se la disposizione di cui l’odierno ricorrente chiede la disapplicazione fosse stata autonomamente inserita nello Statuto dalla FIT questa Corte avrebbe potuto valutare la richiesta di disapplicazione; poiché, pero, come sopra ricordato, la previsione in merito alla incandidabilità promana direttamente dall’Ente sovraordinato, al Giudice Sportivo endo-federale è preclusa la possibilità di adottare una decisione adesiva alla richiesta del [ricorrente] (n.d.r.), in quanto questa verrebbe a confliggere con le norme generali dell’ordinamento sportivo che derivano dal CONI, in ordine alle quali non si ritiene sussista giurisdizione e/o competenza”.
- L’impossibilità per gli organi di giustizia sportiva di sollevare questioni di legittimità costituzionali
Anche relativamente al secondo motivo di impugnazione la Corte ha concluso per il rigetto affermando come, al giudice sportivo endo-federale sia parimenti preclusa la rimessione alla Corte Costituzionale di questioni di legittimità anche laddove incidano in maniera rilevante su norme dell’ordinamento sportivo.
Tale impossibilità, secondo la Corte, deriva dai limitati poteri di indagine nell’ambito dei giudizi sulla regolarità delle elezioni federali e anche dal disposto normativo dell’art. 39, commi 6 e 7 del Codice di Giustizia Sportivo del CONI (“6. Fuori dei limiti di cui ai precedenti commi, gli organi di giustizia non sono soggetti all’autorità di altra sentenza, che non costituisca cosa giudicata tra le stesse parti; essi conoscono di ogni questione pregiudiziale o incidentale, pur quando riservata per legge all’Autorità giudiziaria, la cui risoluzione sia rilevante per pronunciare sull’oggetto della domanda, incluse le questioni relative alla capacità di stare in giudizio e all’incidente di falso. 7. In nessun caso è ammessa la sospensione del procedimento salvo che, per legge, debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale di merito e la relativa causa sia stata già proposta davanti all’Autorità giudiziaria.”) ed è giustificata, secondo la Corte dal fatto che il Legislatore abbia inteso lasciare quella possibilità all’Autorità Amministrativa.
- annullamento del provvedimento impugnato sul presupposto che le norme di cui all’art. 16 comma 2 del D.lgs 242/1999, come modificato dai commi 1 e 2 della L. 8/2018, costituzionalmente interpretate, non possano impedire agli interessati di candidarsi a cariche elettive qualora gli stessa abbiano rivestito i medesimi incarichi in epoca antecedente all’entrata in vigore della normativa statale e al conseguente adeguamento della normativa federale a dette regole.
Infine, anche l’ultimo motivo di impugnazione è stato rigettato dalla Corte, che ha ritenuto di non poter condividere la tesi del ricorrente, volta ad evidenziare la sostanziale disparità fra la disciplina applicabile a chi ha ricoperto incarichi federali antecedentemente all’entrata in vigore dell’art. 16 comma 2 del D.lgs 242/1999, come modificato dai commi 1 e 2 della L. 8/2018, e quella relativa a coloro i quali, svolgendo l’incarico nel quadriennio 2016- 2020, possono beneficiare di un ulteriore mandato non poteva essere condivisa.
Le ragioni alla base di tale rigetto si rinvengono:
- nella natura transitoria della citata disposizione dato che, come pacificamente riconosciuto dalla Corte Costituzionale, per le norme di carattere transitorio possono essere introdotte deroghe temporanee all’applicabilità della nuova normativa.
- nella precisa volontà del Legislatore di salvaguardare coloro i quali, pur avendo già svolto i 3 mandati, erano in carica al momento dell’entrata in vigore della L. 8/2018.
Infatti, così ha concluso la Corte, “non sembra che possa opinarsi per una lettura costituzionalmente orientata delle previsioni, una volta che il Legislatore (e quindi l’orientamento sportivo) abbiano introdotto previsioni che di fatto si risolvono nel negare la possibilità di svolgere incarichi elettivi per più di 3 volte, salvaguardando solo coloro i quali risultavano in carica nel 2018, con una precisa scelta legislativa che non lascia spazio all’opzione ermeneutica suggerita dal ricorrente”.