Con la decisione in commento, il Collegio di Garanzia è tornato nuovamente sul tema della decadenza dal potere di esercizio dell’azione disciplinare e, in particolare, sull’improcedibilità del deferimento, con estinzione del procedimento disciplinare, per il mancato rispetto del termine di 30 giorni, decorrenti dal deposito della memoria difensiva predibattimentale o dall’audizione del soggetto indagato, entro cui esercitare l’azione disciplinare.
Viene in rilievo, in particolare, la previsione dell’art. 32 ter del previgente Codice di giustizia FIGC (applicabile ratione temporis al caso scrutinato) nonché l’attuale formulazione dell’art. 125, recante la medesima disciplina.
La questione circa la natura del termine previsto dall’art. 32 ter CGS FIGC era stata affrontata dal Collegio di Garanzia dello Sport in vari arresti, senza che, tuttavia, si sia mai formato un orientamento giurisprudenziale consolidato.
Come noto l’art. 32 ter del previgente CGS FIGC, prevedeva, al comma 4, che «Quando non deve disporre l’archiviazione, il Procuratore federale, entro venti giorni dalla conclusione delle indagini, informa l’interessato della intenzione di procedere al deferimento e gli elementi che la giustificano, assegnandogli un termine per chiedere di essere sentito o per presentare una memoria. In caso di impedimento dell’incolpando che abbia richiesto di essere sentito, o dei suoi difensori, il Procuratore federale assegna un termine di due giorni per presentare una memoria sostitutiva. Qualora il Procuratore federale ritenga di dover confermare la propria intenzione, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria, esercita l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio comunicato all’incolpato e all’organo di giustizia competente, al Presidente Federale, nonché in caso di deferimento di società, alla Lega, al Comitato, alla Divisione e al Settore di appartenenza»
Le Sezioni Unite, con decisione 7 aprile 2017, n. 25 avevano escluso che a siffatto termine potesse applicarsi la previsione all’allora art. 38, comma 6, CGS FIGC, secondo cui «Tutti i termini previsti dal presente Codice sono perentori» (attuale art. 44, comma 6, CGS FIGC: «Tutti i termini previsti dal Codice, salvo che non sia diversamente indicato dal Codice stesso, sono perentori»); ciò in quanto quest’ultima disposizione non sarebbe applicabile anche alla fase cd. pre-contenziosa, in virtù della sua collocazione all’interno del titolo IV del Codice; non contenendo l’art. 32 ter, comma 4, CGS FIGC un’esplicita previsione di perentorietà dei termini per l’apertura e la conclusione del procedimento disciplinare, questi non potrebbero considerarsi perentori, anche sulla scorta del richiamo alle norme processual-civilistiche (art. 152 c.p.c.) operato dall’art. 2, comma 6, CGS CONI.
Secondo le Sezioni Unite del 2017, la natura perentoria del termine rischierebbe di compromettere il contemperamento delle esigenze di accertamento della responsabilità dell’indagato e di garanzia dell’indagato stesso dal resistere ad un processo manifestamente infondato, specie nei procedimenti particolarmente complessi.
Tuttavia, la medesima decisione, dopo aver escluso la natura “puramente perentoria” del termine, ne escludeva al contempo la natura “puramente ordinatoria”, in ossequio alle esigenze di celerità e speditezza poste a garanzia del procedimento di giustizia sportiva, precisando che la durata delle indagini antecedente al deferimento “non gode, dunque, della discrezionalità del Procuratore Federale, ma deve rispettare un determinato percorso temporale che può essere adeguato in relazione alla complessità del caso e alle eventuali difficoltà nei rilievi probatori. Infatti, se la Procura Federale dovesse disattendere sistematicamente il rispetto del termine di cui si tratta, la norma risulterebbe inadeguata alla funzione cui è deputata o l’attività investigativa si rivelerebbe inadatta alla tutela dell’ordinamento sportivo”.
Successivamente, la decisione n. 55/2017 della Quarta Sezione – pur occupandosi dei termini previsti dai commi 4 e 5 dell’art. 98 del Regolamento di Giustizia FIT (e non FIGC) relativi all’esercizio dell’azione disciplinare – ha richiamava la menzionata decisione n. 25/2017 per ribadire la non perentorietà del termine in esame, ma, al contempo, ha rafforzato il concetto di non discrezionalità del lasso temporale a disposizione della Procura Federale per l’esercizio dell’azione disciplinare e la formulazione dell’atto di deferimento.
In particolare, la Quarta Sezione precisava che i termini in questione, sia pur non scrutinabili secondo criteri di rigida perentorietà, debbono tuttavia essere sottoposti, di volta in volta, alla delibazione dell’Organo di Giustizia, per cogliere se, nel caso concreto, il tempo sia stato amministrato dalla Procura Federale cum grano salis, e cioè nel rispetto del delicato equilibro tra esigenze investigative e garanzie di difesa.
Un orientamento più deciso a favore della perentorietà del termine in esame è stato successivamente assunto dalla Sezione Consultiva che, nel parere n. 7/2018, avente sempre ad oggetto la natura dei termini previsti dal Regolamento di Giustizia FIT (precisamente, gli articoli 89, commi 4 e 5, 99, comma 1, e 101, comma 3),
In quell’occasione è stato puntualizzato che l’omessa previsione del carattere perentorio dei suddetti termini non è sufficiente ad escluderne la perentorietà, considerato che il fine è quello di garantire l’esercizio di difesa dell’indagato, di evitare che resti assoggettato per un tempo indefinito alle indagini della Procura Federale e di consentire la definizione degli addebiti in tempi contenuti; in assenza di una eccezionale diversa previsione, dunque, l’inosservanza degli stessi determina la decadenza dal potere di esercizio del potere disciplinare della Procura Federale e l’inefficacia degli atti compiuti tardivamente. La Sezione Consultiva – richiamando la decisione n. 25/2017 e le ragioni di giustizia sostanziale che potrebbero spingere ad imporre un temperamento al rigore dei termini decadenziali al fine di adeguare il procedimento alle eventuali particolari difficoltà delle indagini – ha precisato, a tale proposito, che «per questo, la decorrenza del termine di trenta giorni previsto dal comma 5 dell’art. 98 è fatta dipendere dalla scadenza di altro termine, non fissato una volta per tutte dal regolamento, ma variabile e definito, in base alle concrete esigenze, dal Procuratore, che «entro venti giorni dalla conclusione delle indagini» assegna all’interessato un termine per la presentazione di memorie o per chiedere di essere sentito (art. 98, comma 4). Parimenti, l’art. 101, comma 3, sullo svolgimento delle indagini, dispone un sistema di proroghe, motivate e in casi eccezionali, del quale fruire quando la complessità del caso e le eventuali difficoltà nei rilievi probatori lo necessitino. Così va letto anche il temperamento imposto, secondo ragionevolezza, dagli artt. 51, comma 7, del Codice della Giustizia Sportiva CONI, e 12 ter, comma 4, Statuto CONI» (a favore della perentorietà del termine appare orientata anche la Quarta Sezione, nella decisione n. 23/2017, precedente rispetto alla decisione n. 55/2017, della medesima Sezione, già richiamata, mentre in senso opposto, Sezione Consultiva, parere n. 1/2020, che aderisce a Sez. Un., n. 25/2017).
Con la decisione 13/2021, qui analizzata, la Seconda Sezione, probabilmente mettendo fine ai menzionati oscillanti arresti sul punto, ha concluso per la perentorietà del termine in questione.
Secondo il Collegio, se è vero che l’art. 32 CGS FIGC non qualifica espressamente i termini in esso previsti, esso andrebbe letto in combinato disposto con l’art. 38, comma 6, CGS FIGC, secondo cui: «Tutti i termini previsti dal presente Codice sono perentori».
Tale ultima norma non può applicarsi esclusivamente alla fase contenziosa, dato che si riferisce a tutti i termini del “presente Codice” e non del “presente Titolo”.
Al di là del dato meramente letterale, osserva la Sezione, che argomenti in senso contrario non sembrano potersi desumere neppure sotto il profilo sistematico. Invero, l’art. 32 ter era collocato all’interno del Titolo III, dedicato agli “Organi della giustizia sportiva”, quindi ai giudici sportivi territoriali e nazionali, al Tribunale Federale, alla Corte Federale, etc.; l’art. 38, nel Titolo IV, rubricato “Norme generali del procedimento”. In più, indicazioni in senso contrario non possono nemmeno desumersi dalla lettura e dalla collocazione delle norme all’interno del nuovo Codice di Giustizia FIGC.
Segnatamente, l’art. 44, rubricato “Principi del processo sportivo”, dispone che «Tutti i termini previsti dal Codice, salvo che non sia diversamente indicato dal Codice stesso, sono perentori». La disposizione è collocata nel Capo I, «Principi del processo sportivo» del Titolo I, «Norme generali del processo sportivo». Seguono, poi (oltre al Titolo II, dedicato a «Revocazione e revisione», composto del solo art. 63), il Titolo III, dedicato ai «Giudici sportivi»; il Titolo IV, dedicato ai «Giudici Federali», per arrivare al Titolo V, dedicato alla «Procura Federale», ove, al Capo II, «Procedimento disciplinare», l’art. 125 fissa il termine di trenta giorni per l’atto di deferimento.
A militare per la perentorietà del termine in questione, secondo la decisione della Seconda Sezione vi sono soprattutto ragioni di ordine logico e funzionale.
La funzione perseguita dalla norma, di celerità del procedimento di giustizia sportiva, ma soprattutto di garanzia dell’esigenza di una rapida definizione della posizione dell’incolpato e del suo diritto di difesa, induce a considerazioni che possono anche prescindere dalla espressa qualificazione del termine in questione: è la ratio legis sottesa alla previsione di cui all’art. 32 ter, comma 4, che può valere a fondare la natura perentoria del termine in essa previsto. A tale proposito, giova richiamare il costante indirizzo di dottrina e giurisprudenza in ordine all’interpretazione dell’art. 152, 2° comma, c.p.c. (secondo cui «i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori»). Nella specie, la Corte di Cassazione, ha a più riprese affermato che alla perentorietà del termine non «osta la mancata espressa previsione della sua perentorietà, poiché, sebbene l’art. 152 c.p.c. disponga che i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, salvo che questa li dichiari espressamente perentori, non si pu da tale norma dedurre che, ove manchi una esplicita dichiarazione in tal senso, debba senz’altro escludersi la perentorietà del termine, dovendo pur sempre il giudice indagare se, a prescindere dal dettato della norma, un termine, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, debba essere rigorosamente osservato a pena di decadenza e sia quindi perentorio» (Cass. civ., n. 17978/2008 e Cass. civ., n. 14692/2007; in senso sostanzialmente analogo, Cass. civ., n. 21365/2010 e Cass. civ., n. 5060/2016)”.
Ovviamente, il Collegio non ha mancato di prendere in considerazione le eventuali complessità della fase delle indagini cui la Procura federale potrebbe andare in contro nei singoli casi.
Sul punto, a detta del Collegio di Garanzia, il sistema di proroghe previsto dal legislatore, tuttavia, già offre al Procuratore gli strumenti necessari per rimediare a eventuali complessità; strumenti che, operano in una fase precedente alla conclusione delle indagini. Infatti è previsto che «la durata delle indagini non può superare sessanta giorni dall’iscrizione nel registro del fatto o dell’atto rilevante. Su istanza congruamente motivata del Procuratore federale, la Procura generale dello sport autorizza la proroga di tale termine per quaranta giorni. In casi eccezionali, la Procura generale dello sport può autorizzare una ulteriore proroga per una durata non superiore a venti giorni».
Chiara, dunque, la scansione temporale: l’iscrizione nel registro del fatto o dell’atto rilevante apre la fase delle indagini, durante la quale la Procura Federale ha a disposizione strumenti per modularne diversamente la durata in base alla complessità del caso concreto; terminate le indagini, il Procuratore può disporre l’archiviazione ovvero informare l’interessato (non ancora incolpato) della propria intenzione di procedere al deferimento, indicandone gli elementi a sostegno, e assegnando all’interessato un termine (non superiore a 15 gg., ex art. 123 del nuovo CGS FIGC) per chiedere di essere sentito o per presentare una memoria; trascorso questo termine, il Procuratore ha trenta giorni per esercitare l’azione disciplinare. Una volta che inizia a decorrere il termine di trenta giorni per l’esercizio dell’azione disciplinare, ossia per la formulazione dell’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio (comunicato all’incolpato e agli altri organi previsti dalla norma), l’unica esigenza è quella di evitare che l’incolpato rimanga, oltre quei trenta giorni e per un tempo indefinito, assoggettato alle determinazioni della Procura Federale, in una situazione di totale incertezza.
Le eventuali ragioni di complessità del caso concreto, conclude il Collegio, operano in una fase precedente (quella che si dipana dall’iscrizione nel registro del fatto o dell’atto rilevante fino alla conclusione delle indagini) e non possono comportare, ex post (ossia dopo l’ormai avvenuta conclusione delle indagini), una deroga alla cadenza procedimentale posta evidentemente a tutela dell’incolpato.